Jannik II, Re d’Australia.
Ci sono pochi termini che in lingua italiana possano rendere l’idea del tennis di Sinner, in questo momento, e l’impatto dello stesso sui malcapitati avversari: forse aiuta l’Inglese, con il verbo “to stun”, che potremmo tradurre con “sbalordire”, “sbigottire”, “stordire”.
É lui, come un anno fa, come negli USA, a dominare su quel cemento che diventa come neve, sulla quale Jannik scivola sinuoso, veloce e preciso.
Contano anche le radici, la memoria, l’imprinting di una terra di confine, terra di ghiaccio e di fuoco, che ha temprato il piccolo campione e ne ha fatto un guerriero della racchetta.
Cancella il numero 2 al mondo, Zverev, lo surclassa al servizio, col dritto, col rovescio, a rete, nel piano di gioco e nella tenuta mentale sui punti decisivi.
Lo fa con una postura da campione consapevole, senza concedere neppure una palla break al suo avversario, con un 6-3, 7-6, 6-3 che fa sembrare tutto facile e scontato, ma che è frutto di una maniacale dedizione al lavoro e di una crescita esponenziale in tutti i fondamentali.
Potremmo stare ore a cercare un difetto, ma in questo momento non lo troveremmo, perché Jannik Sinner ha idealmente trovato il proprio “Palantir”, un manufatto elfico, creazione dell’immaginario fantastico tolkieniano, che gli consente di vedere il futuro, predire le mosse degli avversari e costruire su queste certezze un tennis “stunning”, appunto.
A quelli che dicono che “tira solo forte”, consigliamo di raddoppiare le dosi di anti-acido e prenotare una visita dall’oculista: Jannik tira forte, gioca con la testa di uno scacchista e muove spesso l’avversario con la palla corta, non proprio un colpo da sgraziati picchiatori, accarezzandola.
Il meraviglioso momento del campione italiano è racchiuso nelle lacrime e nelle parole dello sconfitto a fine partita: “É inutile cercare le ragioni della sconfitta, il perché e il come: sei semplicemente troppo forte”.
Terzo Slam in una manciata di mesi, sognando verdi prati inglesi e rosse terre francesi.
Chiaro, no?