Vincenzo Agostino, la barba bianca dell’antimafia.

Muore a ottantasette anni Vincenzo Agostino, il padre di Antonino, poliziotto assassinato dalla mafia nel 1989, insieme alla moglie incinta.
Vincenzo era diventato un simbolo anche estetico dell’antimafia vera, quella lontana dai riflettori e resa pugnace dalle ferite mai rimarginate della tragedia familiare: una lunga barba bianca, un “voto” contro i depistaggi e le omissioni del processo contro gli assassini del figlio, maturato in una Palermo soffocata dalla cappa dei mammasantissima e da un’opinione pubblica ancora schiacciata dal peso dell’omertà.


Quella barba comparirà ad ogni occasione, quasi come un “memento mori”: le stragi, il sangue, i funerali di stato, i processi.
Agostino era sempre lì, a chiedere giustizia, a piangere quando l’odore del tritolo ammorbava l’aria, ad esultare con un cappellino da baseball e quintali di dignità insieme ai poliziotti, nel cortile della Questura di Palermo, quando arrestarono Bernardo Provenzano.
“Prima di morire, ricordati di mio figlio”, disse al boss, nel caos adrenalinico di quelle ore.
Un padre coraggioso e che mai avrebbe trovato pace, dedicando la propria esistenza a quella perduta del figlio e della nuora.


Un uomo senza peli sulla lingua, capace di attaccare, deluso, l’antimafia “fagocitata da politica e finanziamenti”, quando arrivò a invitare addirittura Maria Falcone a scendere dal proprio piedistallo.
Dopo la sentenza del 2023 che aveva confermato in appello la condanna per il boss di Resuttana, Nino Madonia, per l’assassinio del figlio, aveva lasciato una porta aperta alla possibilità di rasare quella barba, mai tagliata dal 1989.


Quella promessa, il papà del poliziotto, potrà finalmente scioglierla davanti al figlio Antonino, al quale ha sacrificato ogni secondo della propria vita, con la schiena dritta e l’esempio di una antimafia da strada, guerriera e intransigente, lontana anni luce da quella dei salotti e delle ospitate televisive.

Autore dell'articolo: Paolo Di Caro

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