Alla festa della Rivoluzione

Il 12 settembre del 1919 Gabriele D’Annunzio alla testa dei “legionari” entra a Fiume.

La chiama “Santa Entrata” richiamando l’antico e indissolubile legame tra Venezia e le terre dell’adriatico orientale.

Riafferma un’identità che nessuna distanza temporale, nessuno sconvolgimento politico può cancellare.

E così sono passati 100 anni. Un’eternità.

Il mondo è cambiato eppure è impossibile dimenticare.

Impossibile non pensare all’Impresa sorridendo, pensando alla “pazzia creatrice” della Fiume dannunziana, e brindando all’apparente incoerenza di un poeta che si fa politico e cambia la storia di una città.

Una storia lontana, e forse marginale, che però segna tutta la storia del ‘900 ribelle.

Quel “Disobbedisco”, che non vuol dire “non faccio niente, non m’importa, rimango indifferente”, significa “anche se tutto va male non mi arrendo e cambio la storia”, significa “a un ordine che mi impone di essere misero e schiavo di vergogna e stranieri disobbedisco e riconquisto libertà, dignità, onore”.  E tutto questo grazie a un poeta senza un occhio che sa vedere, come l’”orbo veggente” che dice di essere, oltre la limitatezza umana e realizzare il futuro.

E allora forse non è un caso che a 100 anni di distanza sia “riapparso” il Poema di Fiume.

Un, incredibile, testo inedito di F.T. Marinetti dedicato all’Impresa.

Sparito per 100 anni e oggi stampato da Eclettica grazie all’intuizione di Alessandro Amorese e con due saggi del sociologo Guerino Nuccio Bovalino e del divulgatore storico Emanuele Merlino.

“Italia unica donna da perennemente amare”. Forse è tutto qui il Poema.

Una dichiarazione d’amore, dell’uomo che con il Manifesto del Futurismo aveva cambiato la storia dell’arte, all’Italia.

Ma il poema è molto di più: è il racconto senza fiato, carnale, violentemente romantico dell’impresa fiumana e del suo Comandante.

É il padre del futurismo che incontra il Vate.

É la storia d’Italia che non si vergogna di se stessa e lo afferma con forza e bellezza.

A un certo punto un soldato francese strappa la coccarda tricolore con le parole “O Italia o morte” a una, fiera, ragazza fiumana.

E lei non sta zitta. Lei e gli italiani di Fiume non accettano di subire il gesto di chi si sente padrone a casa loro e:

“ed ecco scatenarsi a triangolate fulgorazioni l’insurrezionale maledizione della città

L’odio e i sobbalzi rancori a denti lunghi di baionette e spaccate di pallottole e frangenti petardi tra i vetri e le imposte aprirsi chiudersi giù per le sale nelle cantine su sui tetti

Battaglia !

inseguimento caccia spietata rivolverate zuffa fra sopra sotto donne scapigliate e dovunque cittadini e granatieri in gara

a trovar francesi da colpire.

Subito rinchiudersi degli inglesi e degli americani da spettatori…….preoccupatissimi”fiume

Autore dell'articolo: Emanuele Merlino

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