Misterbianco è il paese dei paradossi.
Il più grande di tutti si è consumato qualche ora fa, con la sceneggiata (abbastanza indecorosa) di una delegazione del PD, capitanata da Debora Serracchiani e Anthony Barbagallo, in visita a una struttura confiscata alla mafia e assegnata alla Cooperativa sociale “Energ-Etica”.
Gli ospiti sono stati accolti dalla presidente della cooperativa, la dottoressa Claudia Cardillo e dal presidente della “Rete Fattorie Sociali Sicilia” dottor Salvatore Cacciola, tutti coinvolti nel progetto per diversamente abili “Gli Orti del Mediterraneo”.
E questa è la parte lodevole dell’iniziativa, quella “sociale”, politicamente correttissima, che avrebbe anche meritato la visita del “tour della legalità” degli esponenti piddini senza che si gridasse allo scandalo. Anzi.
Il problema è che l’ospite d’onore, pluri-citato, portato ad esempio virtuoso con la propria Amministrazione, invitato a portare un breve saluto durato più di quattro minuti e subito trasformato in uno spot elettorale, è l’ottuagenario Nino Di Guardo, ex Sindaco del Comune sciolto per infiltrazione mafiosa.
Sarà uno scherzo, penserete; invece è tutto vero.
Il Comune è ancora “sciolto” e commissariato, con una lunga relazione che illustra con dovizia di particolari sia i comportamenti di esponenti di spicco della passata amministrazione, a partire dal vice Sindaco Carmelo Santapaola, coinvolto nella inchiesta “Revolution Bet”, sia gli atti di normale disamministrazione che avrebbero favorito, secondo la relazione prefettizia, l’infiltrazione della criminalità organizzata; o, quanto meno, la grave permeabilità dell’apparato burocratico.
Nonostante questo la giornata sul palcoscenico del bene confiscato e restituito alla collettività si trasforma in una apertura, di fatto, della campagna elettorale di Nino Di Guardo, col crisma dell’antimafia che tutto assolve.
Non siamo ai livelli di Dracula invitato a una convention di donatori di sangue, ma la scelta degli enfant prodige del PD nazionale e locale è fra l’imbarazzante e il surreale.
Per loro, soprattutto.
E per Misterbianco, che assiste quasi inerme all’ennesima sceneggiata di un professionista della politica che ha attraversato ogni stagione, cambiando le alleanze a uso e consumo dell’unica ambizione che ne ha animato la carriera: il potere.
La medesima ansia di potere che lo portò, alle ultime elezioni, ad abbracciare convintamente un altro ragazzo-prodigio della “cantera” del centrosinistra: quel Luca Sammartino campione di preferenze alle elezioni regionali, sodale di Valeria Sudano, il cui cognome era stato in passato associato dallo stesso Di Guardo, per ragioni familiari, a “quelli della discarica”, i proprietari del contestato sito al confine fra Misterbianco e Motta Sant’Anastasia.
Salvo poi rinnegarlo, anche più di tre volte, prima del canto del gallo.
Panta Rei.
Tutto scorre, per l’ex Sindaco che si vuole “riprendere Misterbianco”, come recita lo slogan del manifesto che campeggia in paese, tradendo anche lessicalmente una concezione proprietaria della cosa pubblica.
Senza alcuna vergogna Di Guardo ha ingaggiato una battaglia personale contro lo scioglimento, con insulti al Prefetto e ostentato disprezzo delle Istituzioni che lo hanno scalzato dallo scranno di Primo Cittadino; e non per lavare l’onta e godersi i nipotini, ma “per riprendersi tutto quello che è suo”: il Comune, il potere, la “robba”, come compare su un divertente volantino che pubblicizza un comizio, con la firma, incredibile ma vero, dell’Associazione Nessuno Tocchi Caino, entrata nell’agone politico misterbianchese non si sa bene quanto volontariamente.
Ci si sarebbe aspettato più coraggio e, al contempo, maggiore cautela, dai giovani che stanno provando a rimettere in piedi la baracca del PD misterbianchese, ma la qualità (e il coraggio) non si inventa.
E alla faccia anche degli osservatori antimafia, che si ritrovano, alla prima uscita, nell’imbarazzo di non parlare male del commissariamento senza esimersi dal lodare le “buone cose fatte” dalla passata amministrazione.
Come prima uscita, non c’è male.
Di Guardo fa, Di Guardo disfa, Di Guardo viene sciolto per infiltrazioni mafiose e Di Guardo maramaldeggia al “tour della legalità”, alla faccia del Prefetto, dello Stato, degli “sbirri”, dei ragazzini che da anni, senza successo, sperano che il sovrano assoluto si detronizzi da solo.
Illusi.
Tutto accade nel silenzio generale di un paese narcotizzato e con la cronaca azzerbinata e ossequiosa della quasi totalità dell’informazione locale, già proiettata al giorno dopo (le elezioni).
Manca solo qualche “voscienza binirica” per ricordare la Sicilia di trenta, quaranta anni fa.
Nel paese dei paradossi, dunque, accade questo: un bene sequestrato e riassegnato diventa il podio per il comizietto del ras locale, già Sindaco del Comune sciolto per mafia, fra i sorrisetti degli anagraficamente “giovani”, i complimenti degli impresari di Partito, l’imbarazzata presenza degli osservatori antimafia e la cronaca in stile Pravda di paese.
Sembra un romanzo di quart’ordine, invece è la triste realtà di Misterbianco, assopito paesone di cinquantamila abitanti alle porte di Catania, nell’anno del Signore 2021.