Ancora tu? La storia infinita del Ponte sullo Stretto.

Si riparla del Ponte e ne parlano anche alcuni “folgorati sulla via di Damasco”, convertiti al verbo pontista per chissà quale calcolo elettorale. Noi ne abbiamo scritto spesso, a favore. Per cui ci basterà fare un copia e incolla di coerenza e riproporlo.

Cosa ci troviate di “romantico” o “ecologico” in quell’ammasso di lenta ferraglia che solca lo stretto per traghettare treni e sversare liquami, col bar sempre chiuso e la macchinetta del caffè guasta, non lo capiremo mai.
È il “kali-yuga della macchina”, altro che la resistenza ai piloni e all’assassinio delle specie migratorie di Pizzo Calabro, alla deriva dei continenti e ai terremoti.
In questa follia decadente l’assioma della “non priorità” del Ponte suona come il giro di valzer di Claudia Cardinale e Burt Lancaster nel Gattopardo, con il suo carico di disillusione, teatralità, supponente alterigia, mascherato di bellezza.

Parli di Ponte e i luoghi comuni indossano tutti la maglietta del NO.

Un gradino sotto il partito del “prima le strade”, per esempio, c’è quello del “farà affari la mafia”.
Speriamo, ma non ne siamo affatto convinti, che i sostenitori a tutti i livelli della tesi “no-ponte” secondo la quale l’opera maledetta non andrebbe realizzata perché “favorirebbe la criminalità”, si rendano conto della inconsistenza di questa argomentazione o, quanto meno, della sua ridondanza.

Quello che rileviamo è il monopolio dell’attraversamento dello Stretto, le tariffe vessatorie, l’effetto-tappo nei periodi di esodo e controesodo, la strozzatura del corridoio Palermo-Berlino e la conseguente anti-economicità di investimenti sull’Alta Velocità in Sicilia, gli aerei a prezzi folli sotto le feste (e non solo): tutte “voci” aggravanti e aggravate dall’inerzia, cause e concause del sottosviluppo al quale siamo stati costretti per decenni; e nel sottosviluppo la criminalità ci sguazza.

Non si può fare, “altrimenti la mafia fa gli affari”.
Invece, fino a oggi, di affari neppure l’ombra, vero? L’attraversamento dello Stretto in regime di monopolio lo hanno fatto i boy-scout e le damine dell’esercito della salvezza, lo sanno tutti.
Mannaggia a noi.
E a voi.

Nel frattempo, come era ovvio, una ristretta oligarchia si è arricchita e si arricchisce a dismisura, con qualche incidente di percorso carcerario, alla faccia dei romantici paesaggi dal traghetto, dei lucciconi degli emigrati, delle rotte migratorie degli uccelli che nidificano a Scilla.

Il “pensiero-meridiano” esaltato da Cassano (non il calciatore) in un suo celebre saggio, è culturalmente una iattura che ha generato solo alibi, dietro i quali hanno proliferato sciacalli e avvoltoi, insieme ai politici, nel nome un destino, più “navigati”.
Quanti inguaribili romantici, insularisti, fieri della propria alterigia, nella schiera di portatori di interessi che hanno castrato l’idea rivoluzionaria di una Sicilia più vicina alle Capitali europee e competitiva, a partire dalle infrastrutture.

Buoni ultimi, in questo delirio disfattista e qualunquista, si analizzano i fatti.

Strasburgo-Parigi (490 chilometri) in un’ora e 50 minuti.

E noi fermi, pressoché immobili, prenderemo idealmente solo i treni per Tozeur: ci mangeranno le mosche, quelli veloci di mano e di pensiero continueranno a sfilarci i portafogli, saluteremo col fazzoletto l’ennesimo cervello in fuga, ma la nostra coscienza sarà pulita come dopo un candeggio.

Adesso si riparla del Ponte, nella Sicilia che inventa i treni lenti per deliziare i turisti.
Una cosa bella, romantica, fascinosa, elegante, creata per riutilizzare i vecchi vagoni.
L’unica cosa audace è stato farlo su un’Isola che da decenni viaggia su convogli lentissimi e attraversa “romanticamente” lo Stretto in 3/4 ore, coi vagoni fatti a pezzi, stipati sui traghetti e ricomposti dopo l’autopsia.

Adesso se ne riparla, certo, mentre in tutto il mondo i ponti si costruiscono senza parlarne e a Genova si sceglie una procedura speciale, e velocissima, per rialzare il Morandi.

Se ne parla, ci si divide, si ironizza un po’, si tirano fuori le trazzere da asfaltare e i mafiosi pronti a metterci la coppola.

Se ne straparla, grazie a improvvisati pontisti per tessera di partito.

E va bene così.

Fatelo, alzate quei piloni, tagliate queste maledette catene.

Costruite ponti, come fecero i Romani, e qualcuno si ricorderà di voi; altrimenti sarete solo l’ennesima “ammuina” di questa orribile storia infinita.

Una storia di mobilità museale, naftalinica, esasperante, reazionaria, mafiosa.
Forse a qualche tardo epigono dell’elogio della lentezza e della decrescita infelice piacerà anche così, per annusare la nafta da un oblò e scoprire le bellezze mozzafiato della Sicilia, circondato da eterne incompiute e da sogni mai realizzati.
A molti piacerebbe invece una Sicilia marinettiana, futurista, irriverente, lanciata a bomba sui binari, che demolisca il vecchio e ricostruisca dalle proprie ceneri, che esalti la moderna civiltà della macchina, la bellezza e l’ebbrezza della velocità.
Ecco, saremmo un po’ stufi del romanticismo imbalsamatore e del pensiero meridiano: Catania-Palermo la faremmo volentieri a 300 all’ora, ci piacerebbe arrivare a Roma in 5 ore, su un ammasso di ferraglia.
Siamo gente con un Frecciarossa al posto del cuore.


“La magnificienza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità” (Filippo Tommaso Marinetti)

 

 

 

Autore dell'articolo: Paolo Di Caro

Rispondi