Cento anni di Comunismo, fra storia e oblio.

21 Gennaio 1921 a Livorno nasce il Partito Comunista d’Italia.
Un Partito che ha avuto di certo un ruolo importante nella storia nazionale; un partito dalla storia controversa, troppo spesso celata per l’asservimento dell’intellighentia italiana al Partito.
Scuola, case editrici, università, giornalismo, salvo poche eccezioni, hanno nascosto e strappato tante pagine oscure, raccontando una realtà distorta, una visione agiografica di battaglie nobili per i diritti sociali, per il lavoro, per la dignità del mondo operaio e addirittura per la libertà.
Si tralasciano, come se fossero fatti marginali, le violenze delle origini e poi dell’immediato dopoguerra: il triangolo rosso in Emilia, il massacro di Malga Porzus, la complicità data alle milizie titine nella pulizia etnica in Istria, Venezia Giulia e Dalmazia, l’asservimento togliattiano all’idea staliniana, fino alla morte del dittatore georgiano; l’idea di sostituire l’autoritaria dittatura fascista con la totalitaria, sanguinaria e repressiva dittatura comunista; il sostegno sostanziale allo stalinismo, dato dai comunisti nostrani, con i silenzi complici di fronte all’Armata Rossa sovietica protagonista nelle repressioni delle rivolte di Budapest e Praga.

Per non parlare del silenzio complice verso il terrorismo delle Brigate Rosse, definite sedicenti, fino all’uccisione a Genova del sindacalista Guido Rossa nel gennaio del 1979.

Pagine di sangue che fanno parte a pieno titolo della storia del Partito Comunista, e che dopo 100 anni non è più accettabile oscurare.
In questa storia di sangue si leggono, anche loro ben nascoste, le biografie di personaggi incredibili e iconici, proprio come termometro dei tempi: ad esempio quello barbuto di uno dei fondatori del Partito comunista d’italia, uomo carismatico e certo controverso, figlio del suo tempo, autentico rivoluzionario.

Parliamo di Nicola Bombacci, che fu amico di Mussolini, entrambi romagnoli, entrambi importanti esponenti socialisti, entrambi rivoluzionari. Ciò nonostante fu nei primi anni ‘20 considerato dai fascisti uno dei principali nemici.

Bombacci ebbe ruoli importanti, datigli dall’Unione Sovietica, restò comunista tutta la vita, ma fu espulso dal partito alla fine degli anni 20.
Aderì, mantenendo intatti i suoi principi socialisti, alla Repubblica Sociale Italiana, venne ucciso il 28 Aprile a Dongo e il suo cadavere vilipeso a piazzale Loreto dai suoi ex compagni.
Un corto circuito della storia che dimostra come non la si possa raccontare abbeverandosi di certezze e assenza di spirito critico, limitandosi alle versioni ufficiali e alle veline di partito.
Ricordiamo allora questi 100 anni, che rappresentano certamente un fatto storico di straordinaria importanza per le influenze che ha avuto e continua ad avere sulle vicende di uomini e Stati; ma non nascondiamo che di rosso in questa storia di “presunte” sorti “magnifiche e progressive”, non c’è stato solo il colore della bandiera.

Autore dell'articolo: Simone Torello

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